È morto Lawrence Ferlinghetti, maestro dei poeti della Beat Generation


Si è spenta l’ultima voce legata al movimento dei poeti americani del dopoguerra, mentore di tanti artisti ma anche libero pensatore delle posizioni rivoluzionarie e anarchiche

lawrence ferlinghetti
(foto: Wikipedia)

È morto in seguito a una malattia polmonare Lawrence Ferlinghetti, uno dei più grandi poeti legati alla Beat Generation. L’artista, scrittore, politico e notorio iconoclasta è morto all’età di 101 anni, dopo aver passato fino all’ultimo la maggior parte del suo tempo alla City Lights, la libreria di San Francisco che aveva aperto nel 1953 e che ha reso un luogo di ritrovo ma anche di crescita per generazioni di artisti e scrittori americani e non solo. Nato nel 1919 a Yonkers, nello stato di New York, da un padre che aveva origini di Brescia, rimase presto orfano e fu cresciuto da parenti e poi dato in affido. Laureatosi in giornalismo all’università del North Carolina, dopo aver prestato servizio nella seconda guerra mondiale, continuò a studiare letteratura alla Columbia University e poi alla Sorbona di Parigi, dove incontrò anche la futura moglie Selden Kirby-Smith.

Solo nel 1951 si trasferì a San Francisco fondando due anni dopo la City Lights con il socio Peter D Martin. Essendo più adulto e meno incline a una vita sregolata e psichedelica, Ferlinghetti divenne non solo il catalizzatore ma anche un po’ il nume tutelare dei più giovani poeti Beat, come Allen Ginsberg, Gregory Corso e Michael McClure, che nella sua libreria si radunavano, si confrontavano, litigavano e componevano. Nel 1956, proprio attraverso la City Light, Ferlinghetti pubblicò a sue spese uno dei manifesti di quel movimento letterario, l’Urlo di Ginsberg, salvo poi venir processato per la messa in circolazione “volontaria e oscena” di “scritti indecenti“: fu però prosciolto sulla base del Primo emendamento, che nella Costituzione americana tutela la libertà di parola.

Pittore e poeta a sua volta, Ferlinghetti ha sempre sostenuto la forma poetica come un mezzo di insurrezione attraverso l’arte. Scabra ed essenziale, visionaria e ricca di riferimenti letterari e pittorici, la sua poesia, che nei primi tempi si rifà a modelli come TS Eliot per poi abbracciare sperimentazioni come quelle di William Carlos William, riflette le sue posizioni rivoluzionarie, anarchiche e antielitiste, nella convinzione che “l’arte dovrebbe essere accessibile al popolo, non a solo una manciata di intellettuali molto colti“. Antimilitarista e antitotalitarista, Ferlinghetti prese spesso posizione contro la politica americana e soprattutto si interrogò a lungo sulla funzione della figura del poeta nella società: “A cosa servono i poeti in quest’epoca? / A cosa serve la poesia? / Lo stato del mondo invoca la poesia a salvarlo“. I critici non sono tutti concordi nel considerarlo a sua volta un poeta Beat, di cui appoggia la ricerca stilistica che non fece mai propria, come lui stesso ammise: “Arrivai a San Francisco nel 1951 indossando un basco. Semmai più che il primo dei Beat sono stato l’ultimo dei bohémien“.

Potrebbe interessarti anche





Vai all’articolo Originale!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

X