Che fine hanno fatto gli estremisti pro-Trump?


A poco più di due settimane dall’inizio della presidenza di Joe Biden, l’ala trumpiana del Partito repubblicano vive un momento di sfida e riorganizzazione: molto passa dalla deputata vicina a QAnon Marjorie Taylor Greene e a gruppi come i Boogaloo Bois

L’attacco dei supporter di Donald Trump al Congresso americano dello scorso 6 gennaio, che ha causato 5 morti e decine di feriti, ha portato molta attenzione sull’estrema destra americana e la sua pericolosità. Donald Trump era già un presidente che godeva del supporto di estremisti, suprematisti bianchi e insurrezionalisti, compresi rappresentanti del Ku Klux Klan; dopo quell’evento però questa fetta di elettorato sembrava l’unica a essergli rimasta fedele, mentre invece molti repubblicani non estremisti prendevano le distanze dal loro leader, o addirittura vedevano di buon occhio il fatto che venisse messo sotto impeachment. A seguito dell’attacco al Congresso, e del pericolo che di attacchi ce ne fossero immediatamente altri, sono state prese misure serie: Twitter e molti altri social network hanno sospeso gli account di Trump, per evitare che fomentasse altre violenze. Social network molto frequentati dall’estrema destra, come Parler, sono stati resi irraggiungibili perché i server gli sono stati revocati dai gestori, oltre a venire esclusi dagli App Store. 

Dopo quella serie di misure e la proclamazione di Biden avvenuta senza incidenti, anche se in una Washington DC militarizzata, l’estrema destra americana è sparita dalle notizie, ma non è sparita dalla realtà. Online, dopo il cosiddetto Great Deplatforming — cioè l’eliminazione di migliaia di account e gruppi di complottisti e suprematisti bianchi sia da Facebook che da Twitter, insieme alla chiusura di Parler e altre piattaforme — la presenza dei fanatici supporter di Trump sembra quasi scomparsa. Ma è solo un’illusione ottica.

Sappiamo che, da una parte, l’aver eliminato una grande quantità di contenuti e gruppi estremisti ha avuto l’effetto di demotivare i fanatici. Ron Watkins, per esempio, ex amministratore della piattaforma 8kun (già 8chan) molto usata da chi crede in QAnon, ha detto ai suoi oltre 100mila follower di arrendersi e lasciar perdere: “Abbiamo dato tutto quello che avevamo. Ora dobbiamo mantenere alto l’umore e tornare alle nostre vite precedenti”. Dall’altra parte invece molti osservatori fanno notare come l’aver eliminato dai social questi gruppi e questi account usati dai fanatici potrebbe rendere più difficile controllarli, e allo stesso spingerli a usare esclusivamente piattaforme come Telegram (già molto usata da suprematisti e qanonisti), in cui le autorità hanno pochissimi strumenti per intervenire.

Intanto alcuni dettagli, sebbene siano solo simbolici, hanno un certo peso: Donald Trump sul suo account Instagram dopo l’assalto al congresso non ha più pubblicato nulla: l’ultimo post è del 5 gennaio, ormai un mese fa. Nonostante sia passato del tempo, però, chi visita il suo profilo legge ancora, come descrizione, “presidente Donald J. Trump”.

I Boogaloo Bois

Oltre alla presenza dei fanatici online, c’è anche quella meno sfuggente e più facile da osservare dei fanatici in politica. Alcuni personaggi dell’universo di estrema destra, infatti, sono ormai famosi e riconosciuti. I Boogaloo Bois, una frangia di estrema destra che più volte è stata descritta come una milizia, ha fatto parlare di sé perché dopo l’attacco al congresso ha acquisito una nuova popolarità. Il Canada ha provveduto a dichiarare il Boogaloo movement un’organizzazione terroristica, etichetta che ha conseguenze molto concrete, tra tutte il fatto che d’ora in poi chi fa donazioni o concede un supporto materiale ai “Bb” commette un reato, peraltro perseguibile con il carcere. 

Il più famoso dei Boogaloo Bois, Enrique Tarrio, si è scoperto essere un informatore dell’Fbi, cosa che ha inevitabilmente scosso le fondamenta del movimento. Quelle del Canada non sono le prime accuse di terrorismo ai Boogaloo Boys, nel settembre 2020 l’Fbi ha dimostrato che due appartenenti al gruppo, Michael Solomon e Benjamin Teeter erano disposti a uccidere cittadini americani. L’Fbi ha messo in piedi un’operazione che ha fatto notizia, mandò sul campo un agente sotto copertura e un informatore, che si finsero militanti di Hamas, il gruppo politico palestinese considerato negli Stati Uniti come organizzazione terroristica. I due finti miliziani di Hamas presero contatti con Solomon e Teeter per istruirli sul come far diventare alcune loro armi completamente automatiche. A una domanda dell’agente sotto copertura, “pensi che queste potrebbero servire ad ammazzare cittadini statunitensi?” i due Boogaloo, risposero “yeah!”. La copertura usata dall’Fbi era azzardata, un gruppo di estrema destra che accetta un training militare da parte di miliziani palestinesi non è la norma. Tuttavia i due militanti erano parte dei “Boojahideen”, un sottogruppo dei Bb, e così il piano ha funzionato. La notizia ha finito per essere commentata da Hamas stessa: Basem Naim, membro del consiglio di Hamas che si occupa di relazioni internazionali, ha detto in un’intervista alla rivista The Intercept “quando abbiamo letto di quest’operazione siamo rimasti scioccati nel sapere che il nostro movimento è stato collegato a estremisti come quelli”. Con “estremisti” Basem Naim intendeva i Boogaloo Bois.

I fanatici al Congresso: Marjorie Taylor Greene

Gli estremisti che credono nelle menzogne di Trump, e naturalmente anche in QAnon, sono arrivati anche al Congresso. La deputata Marjorie Taylore Greene, della Georgia, oggi è la politica più in vista per la fetta di elettorato più estremista che, con l’addio di Trump alla Casa Bianca, ha perso un punto di riferimento importante: ora è lei quella da seguire quotidianamente. Greene sembra essere assolutamente consapevole di questa crescente popolarità: si è presentata alla Camera con una mascherina con su scritto nero su bianco “Trump won”, cioè Trump ha vinto. Ma di lei si è parlato negli ultimi giorni soprattutto per un altro fatto, più grave: si è scoperto che non soltanto Greene diffonde bugie, ma ha anche sostenuto pubblicamente che bisognerebbe uccidere i senatori democratici, anche specificamente Nancy Pelosi, la speaker della Camera in cui lei stessa siede. I democratici hanno chiesto che venissero presi provvedimenti, i repubblicani però, per alcuni giorni la hanno difesa. Come racconta la storica Heather Cox Richardson in un suo post, il Partito repubblicano ha in questo momento un aspro conflitto interno tra due sue anime, una trumpista ed estremista rappresentata da Greene e una moderata, che vuole scrollarsi di dosso l’eredità antidemocratica e golpista della presidenza Trump, che fa riferimento soprattutto a Liz Cheney, che si è guadagnata l’ira degli estremisti per aver votato per l’impeachment a Donald Trump. 

Non è facile capire quanto spazio ha ancora l’estremismo pro Trump al Congresso. Greene in un primo momento è stata difesa dai suoi compagni di partito, come il californiano Kevin McCarthy che ha condannato le frasi a lei attribuite, ma ha anche aggiunto che la senatrice non sarebbe stata spogliata dei suoi incarichi nella Commissione che si occupa di educazione. Alla prima riunione dei repubblicani alla Camera la metà di loro avrebbe addirittura fatto una standing ovation a Greene quando si è alzata per prendere la parola. Greene, sapendo che in questo momento le posizioni estremiste, e le attenzioni di quella parte di elettorato, vedono in lei un’importante rappresentante, ha alzato il tiro, dicendo al Washington Examiner che non c’è differenza tra i repubblicani moderati e i democratici. Di più: ha detto di essere determinata a portare “all’azione” più persone come lei per aiutare Trump con il suo “piano”, “quando verrà allo scoperto”.

Nonostante questo non possiamo dire che la frangia estremista del Partito repubblicano sta avendo la meglio su quella moderata, tra ciò che si fa per non deludere l’elettorato e ciò che poi si vota c’è un abisso. Nella stessa riunione in cui Greene ha ottenuto una standing ovation, infatti, i repubblicani hanno votato per lasciare a Liz Cheney la sua posizione di leader, e questo è successo dopo il voto per l’impeachment dove lei si era dichiarata favorevole. Non solo: il 5 febbraio Greene è stata rimossa dai suoi incarichi nelle commissioni.

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