
La Camera ha votato per il secondo impeachment di Trump
Dieci repubblicani hanno votato “contro” il presidente uscente, che ora subirà un nuovo processo al Senato: ma i tempi sono troppo stretti perché avvenga prima dell’insediamento di Joe Biden

La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti nella serata italiana del 13 gennaio ha approvato la mozione di impeachment ai danni del presidente uscente Donald Trump: la messa in stato d’accusa è “incitamento di insurrezione”, con riferimento al ruolo giocato dal tycoon nei tragici fatti del Campidoglio della settimana scorsa, quando cinque persone sono morte a seguito di un assalto violento alla sede del parlamento statunitense. Dopo giorni di discussioni e retroscena in merito a quanti repubblicani avrebbero votato l’autorizzazione a procedere nei confronti del loro presidente, alla fine i franchi tiratori – se così vogliamo chiamarli – sono stati dieci: il conto si è chiuso con 232 voti favorevoli (e 197 contrari) ad accusare formalmente Trump di aver “incitato alla violenza contro il governo degli Stati Uniti”.
È la prima volta che un presidente degli Stati Uniti viene sottoposto a un secondo processo di impeachment durante il suo mandato: un fatto storico, che entra di diritto nella storia americana. Se però durante il primo impeachment i repubblicani un anno fa avevano fatto fronte comune contro le accuse mosse al presidente, oggi lo scenario è molto diverso: la violenza dell’attacco a Capitol Hill ha portato anche la terza carica repubblicana alla Camera, Liz Cheney del Wyoming, a votare a favore della messa in stato d’accusa. Il Senato ora teoricamente dovrà riunirsi per processare Trump. Ma l’unico giorno utile indicato dal senatore leader dei repubblicani Mitch McConnell è il 19 gennaio, che sarà anche l’ultimo giorno da presidente degli Stati Uniti di Trump: difficile che il processo avvenga prima dell’insediamento di Joe Biden. Se il voto – che richiede una maggioranza di due terzi – venisse messo in atto dal nuovo Senato a maggioranza democratica, Trump verrebbe interdetto perpetuamente dai pubblici uffici, escludendo una sua ricandidatura fra quattro anni.
Intanto Trump ha diffuso una nota letta alla Camera che invita i suoi sostenitori ad abbassare i toni, mentre l’intelligence americana continua a mantenere l’allerta massima di sicurezza per l’insediamento di Joe Biden del 20 gennaio: dice “non ci devono essere violenza, violazione della legge o vandalismo di ogni tipo”, perché “questa non è l’America che sostengo. Chiedo a tutti gli americani di aiutare a raffreddare gli animi e mitigare i toni” (lo stesso Trump tuttavia fino ad oggi si è rifiutato di ammettere alcun ruolo nei fatti della settimana scorsa, e sul momento aveva addirittura lodato gli assalitori, dicendo loro “vi vogliamo bene”. E ancora ieri definiva il suo discorso a Washington “perfettamente appropriato”).
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