Che cosa c’è di notevole in Pieces of a Woman (con Vanessa Kirby di The Crown)


In odore di candidature agli Oscar 2021, l’ultimo lavoro dell’ungherese Kornél Mundruczó lancia definitivamente l’interprete della giovane principessa Margaret. Di lei il regista dice: “Il suo silenzio è ricco”. Ma ci sono molti altri motivi per cui Pieces of a Woman è il nostro film del weekend

L’inizio di Pieces of a Woman rimane impresso, è la parte più clamorosa del film (disponibile su Netflix dal 7 gennaio) che crea un abbrivio di cui gode il resto della storia. Nella prima mezz’ora, infatti, c’è un parto, ripreso in una sequenza unica, senza tagli di montaggio per dare l’idea di guardare qualcosa mentre avviene, senza salti temporali e senza trucchi. Sono 30 minuti di travaglio e problemi: la levatrice, che sarebbe dovuta venire ad aiutare a partorire in casa, non si presenta e manda una sostituta. Il che, unito ad altre questioni, genera un’infilata di inconvenienti che aumentano la tensione… come se già non bastasse quella generata dalle immagini così come sono state girate.

Il risultato è un tour de force di recitazione, dietro al quale si nasconde un tour de force di regia, che fa l’impossibile proprio per non farsi notare e aiutare la recitazione a prendersi tutti gli applausi. Il centro della scena è di Vanessa Kirby, diventata famosa interpretando la principessa Margaret nelle prime stagioni di The Crown e poi passata anche per una parte in Mission: Impossible. Non ha mai messo al mondo un figlio nella vita reale, ma ha fatto di tutto per capire, vedere e riportare che cosa sia un parto nella finzione. Accanto a lei, in uno sforzo incredibile di supporto (per lui che non è propriamente abituato a non prendere i riflettori) c’è Shia LaBeouf, attore eccezionale capace spesso di autosabotarsi per via di un carattere non facile. Qui è impeccabile.

Nonostante una scena così lunga e complicata, con tanti movimenti e attori (tre), abbia bisogno di regole e di una pianificazione di ferro, è stata comunque girata con un ampio margine per improvvisare: “L’avevamo divisa in capitoli e gli interpreti dovevano eseguirli in quell’ordine, rispettando la sequenza e la tempistica. Ma dentro ogni capitolo erano liberi di improvvisare, potevano decidere come muoversi e quindi usare il linguaggio del corpo”. A parlare è il regista Kornél Mundruczó, ungherese che non si era mai misurato prima con un film americano ma si era davvero fatto notare con Una luna chiamata Europa (una follia a budget contenuto tra fantascienza, polemica, attualità e azione).

Continua: Pieces of a Woman nasce per essere girato come un’opera teatrale polacca” – che non è esattamente una definizione appassionante –, e solo poi diventata un film americano. Perché, dopo i fasti di Una luna chiamata Europa e White God – Sinfonia per Hagen (altro titolo folle i cui protagonisti sono un branco di cani che prendono possesso di una città per desiderio di vendetta), un produttore statunitense s’incuriosisce e vuole capire a che cosa sta lavorando Mundruczó: rimane folgorato dalla sceneggiatura di Pieces of a Woman e decide di trasformarla in un’impresa internazionale.

La prima scena del parto ha delle conseguenze, sia sulla tenuta dello spettatore, che viene così preparato a un film intenso, sia sulla trama. Sorgono questioni che la coppia si porta dietro per un intero anno scandito dalle stagioni. Il punto di vista è quello di una donna a pezzi (come dice il titolo), ovvero Vanessa Kirby, che ha voluto tantissimo il ruolo dal momento in cui le è stato proposto (grazie a The Crown): ha preso spontaneamente un aereo per Budapest per incontrare il regista. È materiale che non capita spesso a un’attrice. E lei fa la protagonista di Pieces of a Woman così bene da meritarsi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla 77ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica a Venezia. “Il suo silenzio è ricco”, la celebra Mundruczó, “è come se avesse sempre un segreto dentro di sé che riesce comunque a mostrare”.

Nonostante tutte le particolarità e l’originalità, Pieces of a Woman è e rimane un melodramma. Un melodramma americano. “Se fai un film americano lo devi fare all’americana. Non basta solo parlare in inglese”, è la frase lapidaria con cui Kornél Mundruczó spiega come mai qui il suo stile sia meno riconoscibile del solito. Ed è un melodramma perché parla di sentimenti complicati senza essere distante, perché racconta una società che giudica le persone che si sentono isolate, senza nessuno che provi empatia per loro. In questo è cruciale, invece, Shia LaBeouf: “È così forte e così dedito al lavoro! Vedi ogni giorno la passione che mette e alla fine crea un personaggio estremo ma tenero, innamorato e duro”. Ma soprattutto è cruciale che il regista e la sceneggiatrice, cioè sua moglie, abbiano vissuto questa storia sulla loro pelle.

Potrebbe interessarti anche





Vai all’articolo Originale!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

X